Radicarsi per fluire - il paradosso vitale del grounding
- gerardinamaglione
- 3 set
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 1 ott

Ci sono momenti nella vita in cui le certezze che conoscevamo sembrano dissolversi: un lavoro che finisce, una relazione che cambia, un nuovo inizio che ci chiede di lasciare qualcosa alle spalle. In questi passaggi ci sentiamo spesso smarriti, come se ci mancasse una bussola per orientarci.
Il cambiamento, anche quando lo desideriamo, porta con sé un senso di instabilità: il vecchio non c’è più, ma il nuovo non è ancora chiaro. Possiamo avvertire paura, confusione, ansia. Oppure, al contrario, un grande vuoto, come se tutto fosse sospeso.
So cosa significa. Anche io, in alcuni momenti della mia vita, mi sono sentita persa, come se il terreno sotto i miei piedi vacillasse e ho scoperto che proprio lì, nell’incertezza, può nascere una nuova forza.
In questi momenti viene naturale cercare di controllare tutto, afferrarci a vecchie certezze, opporre resistenza a ciò che accade. Ma più resistiamo, più il cambiamento ci trascina con sé. La via non è stringere i pugni, ma imparare a “restare” lì dove siamo, anche quando non abbiamo risposte immediate.
La pratica bioenergetica del grounding esprime proprio il cuore di questo percorso, perché non è solo sentire i piedi ben piantati a terra, ma è abitare pienamente il qui e ora. Restare connessi al corpo significa imparare ad accettare quello che c’è, momento per momento, senza resistere e senza fuggire dal cambiamento ma imparando ad attraversarlo.
Radicarsi non vuol dire fermarsi, ma sentirsi più stabili dentro al movimento della vita. È da questa stabilità che nasce la forza: quando siamo in contatto con il corpo e con le nostre emozioni, possiamo fronteggiare le sfide con la fiducia di non esserne travolti.
All’inizio, il grounding è soprattutto prendere coscienza dei blocchi che portiamo con noi: tensioni che custodiscono emozioni e memorie non elaborate. Ogni blocco è come una grossa scatola messa da parte nel passato e sigillata per proteggerci quando non eravamo pronti a vivere ciò che stava accadendo. Ritrovarli e riconoscerli è il primo passo. Poi, poco a poco, possiamo aprire le scatole, permettendoci di riconnetterci a emozioni che un tempo non potevamo contenere.
È un processo che a volte può essere scomodo. Ma proprio in questa scomodità scopriamo nuove possibilità: ciò che un tempo era dolore può diventare forza, ciò che era chiusura può trasformarsi in apertura, possiamo scoprire nuove soluzioni a vecchi dolori, nuove risposte a bisogni rimasti sospesi.
Il grounding è quindi anche conoscenza: ci insegna a guardare la realtà per quello che è, senza i filtri e i preconcetti che il passato ci ha lasciato.
Ecco cos’è il paradosso del grounding: radicarti e fluire, restare saldo e allo stesso tempo aperto al movimento della vita e al cambiamento.
Se vuoi scoprire come la bioenergetica può aiutarti a fluire nel cambiamento, ti invito a dare un’occhiata ai miei percorsi: potresti trovare il passo giusto per te, proprio qui e ora.



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