
Nella storia di ciascuno di noi ci sono dei bisogni negati e il nostro corpo ne conserva memoria in quella che in bioenergetica si chiama “armatura caratteriale” o anche “armatura psiconeuromuscolare”, ad indicare proprio le tracce somatiche e psichiche trascritte in noi dagli eventi della vita. Tutti noi abbiamo dei veri e propri diritti fondamentali per nascita legati al nostro sviluppo come esseri umani:
diritto di esistere
diritto di avere bisogno
diritto di separarsi ed essere se stess@
diritto di imporsi
dirirtto di essere autonom@
diritto di amare sessualmente
Questi diritti sono tutti aspetti del bisogno di affermazione di sé, un istinto potente che tutti portiamo con noi in questa vita come corredo genetico.
Tuttavia questa energia vitale del bambino desiderosa di esprimersi incontra spesso una risposta più o meno negativa o carente da parte dell’ambiente che in diversi modi può negare i bisogni/diritti del bambino.
Questa risposta negativa dell’ambiente genera, a sua volta, una reazione spontanea del bambino che può essere di paura o di rabbia o di altre emozioni più complesse, a seconda dell’età e del grado di lesione del diritto corrispondente.
A questo punto, si apre un bivio: la figura genitoriale può dare riconoscimento alla reazione naturale ed istintiva del bambino e modificare il proprio atteggiamento senza venir meno per questo al proprio compito educativo. Si possono dare regole e confini pur comprendendo e accogliendo lo stato d’animo del bambino.
Sull’altra strada del bivio troviamo invece un genitore che ignora i segnali del bambino e persiste nella propria risposta negativa. Così facendo, lo stato di frustrazione diventa intollerabile per il figlio e lo costringe a trovare delle strategie di adattamento per sopravvivere: nega se stesso, rinuncia ad affermare la propria essenza unica, riduce la propria energia vitale.
Il bambino comincia a dimenticarsi di sé per costruirsi un falso Sè che gli consenta di adattarsi alle richieste delle persone significative, dalle quali dipende la sua sopravvivenza non solo dal punto di vista corporeo (nutrimento, sostentamento) ma anche affettivo (accoglienza, intimità, contatto).
L’insieme di queste strategie di adattamento, che coinvolgono il piano somatico, emotivo e cognitivo, sono il “materiale” di cui è composta l’armatura caratteriale: essa è quindi come una memoria psicocorporea del diritto negato “lì ed allora” che tuttavia sovente condiziona ancora “qui e adesso” le risposte che diamo nelle diverse situazioni di vita. Come un paio di occhiali scuri indossati in montagna per proteggersi dal sole che continuiamo a utilizzare anche una volta tornati in città quando non è più necessario ripararsi dal sole.
La nostra visuale del mondo così è deformata e ci indurrà a vedere le cose e le persone sempre sotto la stessa luce innaturale proiettata dalla nostra armatura caratteriale.
La buona notizia è che, lavorando sul proprio corpo e sulle proprie “decisioni di copione” dettate dalle esperienze passate, è possibile comprendere il diritto o i diritti che ci sono stati negati in passato e darci il permesso ora di riconoscerceli pienamente..
E tu hai mai avuto l’impressione di ritrovarti sempre nelle stesse situazioni e di reagire ad esse sempre nello stesso modo? Ti sei mai sentit@ come “prigioniero” del tuo carattere? Se ti va scrivilo nei commenti.
Se l’argomento ha toccato qualche parte di te che desideri approfondire, segui i miei prossimi post in cui ti parlerò di ciascuno dei diritti/bisogni fondamentali e di quali sono le conseguenze a livello corporeo, emotivo e cognitivo quando vengono negati.
Illustrazione di Alexandra_Koch da Pixabay
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